Capitolo 8 – Bi-tu-Bi

Capitolo 8 – Bi-tu-Bi

Aiuto! Aiuto! Il B2C non funziona, iniziano a gridare ad un certo momento gli investitori. Forse è meglio buttarsi sul mercato B2B. Lì sì che si faranno i soldi. A palate. Prima però una piccola riflessione: tutti i servizi di cui abbiamo parlato finora che si basano sulla pubblicità sono B2B! Certo, offrono servizi gratuiti al grande pubblico, ma lo fanno perché il loro obiettivo è di vendere pubblicità ad altre aziende. Ad altri business, insomma. Ergo, sono servizi “to business”, B2B. I loro (teorici) ricavi arrivano infatti da altre aziende, altre aziende che comprano pubblicità.

Viceversa, eBay, il più grande successo della storia del Web commerciale, è di fatto un B2C. Ma scherzi? eBay è C2C, consumer-to-consumer. Benissimo. Ma come guadagna eBay? Grazie a tutti i piccoli inserzionisti che pagano una listing fee per mettere in vendita i propri prodotti e una percentuale sul valore finale se il prodotto viene effettivamente venduto. Ovvero, vendendo il proprio servizio di aste al grande pubblico. Quindi, eBay è un servizio B2C. [1] Ma non importa: il B2C non funziona e il futuro è nel B2B. Benissimo: e B2B sia!

B2eyes.com
Uno dei miei progetti preferiti, se non altro per il nome e per la fanfara che ha accompagnato il suo lancio: “è nato il sito Internet che riguarda gli ottici: chi non aderisce è miope”. Certo. E chi ha pensato a questo progetto, invece, ha la vista lunga…[2]

SEAT / PG
Poi c’è la saga del Gruppo SEAT – Pagine Gialle. Un portale per ogni nicchia, ci mancherebbe! De Agostini e il Gruppo SEAT lanciano un fondo Internet senza fondo, da ben 150 milioni di euro! Siamo a luglio 2000 [3], ma il fondo viene chiamato Wisequity.[4] Molto saggio.

Cliccalavoro.it
Già, il sito con Dilbert. Io non dico quasi nulla, riporto dal comunicato stampa ufficiale [5]: nato da un’idea di Giallo Lavoro SpA, società interamente posseduta dal gruppo Seat-Pagine Gialle, Cliccalavoro.it non è una semplice bacheca virtuale dove pubblicare annunci e curriculum vitae, ma anche una comunità virtuale che offre una serie di servizi molto ampia alle aziende e ai lavoratori… Davvero molto à la page. Eddai, chi non voleva creare una comunità virtuale ? [6]

Polix.it
E la politica? Alla politica non vogliamo pensare? Tsk! Nasce Polix, il portale della politica italiana. Per fare cosa, esattamente? Per rilevare ed elaborare dati demoscopici, politici ed economici. Le fonti di ricavo saranno costituite per la maggior parte dalla vendita di schede personalizzate e dalla realizzazione di campagne elettorali online, oltre che da pubblicità. [7] Purtroppo, Polix ha chiuso.

Mondus.it
Ma come buttarsi nel promettente mondo del B2B senza un marketplace? Forza, compriamocelo! Un po’ caro, forse, ma nel 2000 SEAT si compra il 40,7% di Mondus per 150 milioni di dollari.[8] Quanto fatturasse Mondus non è dato sapere. Ma era il leader di mercato in Europa. Ovviamente. Un anno dopo, dicono di essere sorpresi e contentissimi: in 5 mesi, ben 50 milioni di Euro di merce transata.[9] Però, niente male. Addirittura un po’ più di quello che viene venduto su eBay in 24 ore… Passa un altro anno ancora, e Mondus.it non è più raggiungibile. Che strano.

Giallo.it
Il 12 giugno 2001 nasce Giallo, il primo portale business italiano! [10] Ne sentivate la mancanza? No? Di sicuro è impossibile che non vi siate accorti del suo lancio, perché Giallo era l’unico sito Internet che spendeva in pubblicità in quella maniera nel 2001. 7 miliardi di lire, si dice. Poi, una volta affermato il brand, basta. I piani megagalattici che parlavano di 60 o 70 dipendenti vengono messi diligentemente in soffitta e si vede di andare avanti con una decina di persone. Dimenticavo: dopo tutta quella cagnara multi-miliardaria per affermare il loro brand (!), Giallo.it viene ridotto ad un semplice canale di Virgilio, raggiungibile all’indirizzo giallo.virgilio.it. Complimenti.

… e i riciclati
Accanto a questi progetti nuovi di zecca, vi sono poi numerosi convertiti al B2B, ovvero dot-com che capiscono che una parvenza di B2B e relativo riposizionamento potrebbe voler dire un’altra chance, un ulteriore giro di finanziamenti e/o la possibilità di stare a galla ancora per un po’…

Domeus
Domeus è un servizio gratuito che permette la creazione e la gestione di newsletter e mailing list. Modello di business? Yeah, you said it! Pubblicità. La pubblicità che funziona meno della storia dell’umanità, se posso aggiungere il mio personalissimo parere. Ovviamente, le cose non vanno benissimo. Domeus sta ora provando a vendere il proprio servizio in modalità ASP ad aziende grandi e piccole che vogliano mandare newsletter o email commerciali ai propri clienti.

AskMe.com
Il mio preferito fra tutti i riposizionamenti, AskMe.com è una società americana che offriva un servizio gratuito grazie al quale chiunque poteva porre delle domande sul sito e sperare di ricevere risposte da qualcuno degli altri 10 milioni di iscritti. Modello di business? Pubblicità. Funziona? Non solo chiudono il loro sito, invitano addirittura i loro iscritti ad andare dai loro competitor! [11]

Ora offrono – con discreto successo, pare – la propria piattaforma ad aziende interessate ad un sistema per l’Employee Knowledge Management. Assicurano che il loro prodotto può supportare fino a 2,5 milioni di utilizzatori. 2,5 milioni? Mirano alle aziende molto grandi, par di capire !

SoloInRete.it
SoloInRete è simile ad AskMe.com, solo che qui le risposte non le fornisce la comunità degli utilizzatori in cambio di premi e/o status sul sito, bensì un gruppo di esperti dei vari settori che lavorano come risponditori. Uhhm… costosetto, mi sa. E come fanno fatturato? Con la pubblicità!

Ovviamente il business non va così bene, ragion per cui anche SoloInRete deve reinventarsi B2B e provare a vendere i propri servizi a vari siti professionali di categoria che possano essere interessati a un servizio di risposte in outsourcing. Non sarà facile. [12]

CHL
CHL è un caso molto interessante. A partire dal 2001 CHL smette infatti di essere un merchant tradizionale che compra i prodotti per poi rivenderli e si riposiziona come una piattaforma di servizi che vengono offerti ai fornitori in cambio di un corrispettivo. Saranno poi i fornitori, aiutati dai dati raccolti da CHL sul sito, a decidere quali merci vendere, a quale prezzo, come smaltire le scorte etc.

Una volta deciso, i produttori spediscono i propri prodotti presso il magazzino di CHL. I prodotti vengono depositati in conto vendita e diventano di “proprietà” di CHL solo nel tempo che passa fra l’ordine sul sito e la spedizione della merce al cliente. [13] Funziona? Non ne ho idea. I numeri di CHL fanno piangere, ma non è detto che la colpa sia di questo passaggio verso i servizi B2B. [14]

note al Capitolo 8

[1] Oggi negli Stati Uniti ci sono oltre 100,000 persone il cui reddito dipende da ciò che vendono sul famoso sito di aste che è ormai in larga parte un servizio per business di dimensioni medio-piccole. Ma non dimentichiamo che la prima eBay era veramente B2C e faceva comunque profitti.

[2] Cirlab, un incubatore responsabile non solo di questo gioiello ma anche ad esempio di Hiugo.it, ha cambiato nome. Ora è CirVentures e si definisce un technology venture capital fund.

[3] Ricordiamo che la bolla del NASDAQ aveva iniziato a scoppiare a marzo/aprile del 2000.

[4] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=191

[5] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=171

[6] Cliccalavoro è stato ceduto a Click4talent del Gruppo Pininfarina. A novembre 2002, Dilbert fa il suo grande e atteso ritorno con una nuova campagna pubblicitaria nella metropolitana di Milano. Yeah, party like it’s 1999!

[7] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=216

[8] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=236

[9] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=396

[10] Si veda http://www.seat.it/notizie/dettaglio.asp?i=382

[11] Si veda http://www1.askme.com/DiscontinuationFAQ.asp

[12] Si veda Internet si ricomincia, pagina 89. Per il sito B2B, si veda www.soloinrete.com

[13] Si veda l’ottimo saggio di Gaetana Ragusa ne Il Campanile e la Rete, pagine 181-204

[14] È invece molto probabile, a parere di chi scrive, che questa idea sia stata un tentativo estremo e disperato di far aumentare un fatturato che languiva vendendo a caro prezzo un servizio innovativo, esclusivo e potenzialmente anche molto interessante ai produttori invece di vendere semplicemente hardware accontentandosi dei margini risicati del settore.