Leo Messi e gli occhialoni

Messi ha firmato per l’Inter! Per l’Inter di Miami, per fortuna.

Ci sono 4 paesi, persone e aziende che iniziano per A, in questa storia.

In primis c’è l’Arabia Saudita, che a suon di petroldollari vorrebbe svuotare l’Europa di tutti i suoi più famosi (ex) calciatori e che ha offerto 300 milioni di Euro al chiquitito.

Poi però c’è Antonela, la moglie di Messi, che pare non fosse esattamente entusiasta dell’idea di andare a vivere con tutta la famiglia nel paese del famoso rinascimento renziano.

Terza A, quella di Adidas, sponsor tecnico di tutte le squadre della MLS per i prossimi 10 anni e sponsor personale di Messi da tanto tempo, convinti che l’arrivo di Leo in Florida possa aiutarli nella guerra contro Nike.

Gli occhialoni

Infine, l’azienda degli occhialoni, Apple, che non solo ha comprato i diritti televisivi della MLS per i prossimi 10 anni, ma che si occuperà delle riprese delle partite, e che pare abbia creato delle nuove telecamere apposta.

Apple sperimenterà un nuovo modo di fruire una gara sportiva con un prodotto di medio livello, facendo prove ed errori che non potrebbero fare con la NBA, la NFL o il baseball. A Messi andranno parte degli incassi.

Una scelta interessante, per certi versi sulla via già tracciata da Roger Federer.

Due industrie

All’industria delle automobili e alla pubblicità non fotte un cazzo di chi è fuori.

L’industria delle automobili vuole rendere lo spazio interno comodo, alla temperatura giusta, sicuro, con sistemi di intrattenimento di bordo etc. E costruisce auto sempre più grandi e grosse, sempre più pericolose per chi è fuori e sempre più inutilmente inquinanti.

L’industria della pubblicità quelli ‘fuori’ li chiama target, neppure persone. Raccoglie ogni tipo di dati su di loro, e li sottopone a messaggi che costoro non vogliono sorbirsi e spesso neppure capiscono, perché sono il prodotto di seghe mentali interne altrui.

La pubblicità funziona sempre meno bene. Non va ancora così a chi produce automobili.

Legitimate interest

Legitimate interest una sega. Chi definisce cosa è legittimo?

Ed è legale nell’Unione Europea una porcata di questo tipo?

Tra l’altro, trovata su un editore serio davvero, la BBC.

Esche e pubblicità

Un tizio entra in un negozio di pesca sportiva e vede esche di molti colori diversi.

“Ma ai pesci interessa davvero il colore delle esche?”

“Gentile signore, io non vendo ai pesci.”

Se ti sei mai chiesto come mai le agenzie di pubblicità producono idee e materiali che piacciono più ai loro clienti che non ai clienti dei loro clienti, i famosi “consumatori”…

Ora sai perché.

Lavoro in pubblicità

“Lavoro in pubblicità”, dicono fieri.

Poi in 9 su 10 vendono spazi pubblicitari.

Un po’ come una milanese di adozione che incontrai anni fa che mi disse “lavoro nella moda”, e poi si scoprì che faceva le buste-paga. Per Prada, però.

Io sono 15 anni che dico che la ‘pubblicità’ online è un lavoro da ragiunatt.

George el dis che l’è un laurà de trumbé.

Sadly, advertising today is run by…

“communications plumbers working on improving the efficiency of popular annoyance rather than leveraging creativity to sell things.”

La morte di Grey

Grey, l’agenzia di pubblicità, è stata ammazzata. È stata ammazzata dai propri padroni, un’azienda che una volta produceva carrelli per la spesa e che oggi ciancia di essere una Creative transformation company, whatever the fuck that means.

In mezzo, per uno strano caso del destino, WPP ha comprato un grande numero di agenzie di pubblicità, senza però capire mai molto di pubblicità. Se hai due brand, AKQA e Grey, quanto devi essere scemo per preferire il primo al secondo?

E questa gente poi vuole disegnare strategie di branding per la tua azienda?

1917

Grey fu fondata nel 1917, l’anno della rivoluzione in Russia.

Grey fu la prima fra le cosiddette Seventh Avenue Agencies, in mano a impresari non WASP, in questo caso ebrei che lavoravano per le aziende, spesso di ebrei, che producevano vestiti nel Garment District di New York, a fare il grande salto.

Grey fu dove trovò il primo lavoro importante Bill Bernbach, e dove produsse pubblicità come queste per Orbach’s, un grande negozio di vestiti newyorkese.

Grey fu l’agenzia dove Bernbach divenne inquieto, contrario all’idea della pubblicità scientifica e dove finì per scrivere questa lettera ai suoi capi.

Grey è stata l’agenzia di Procter & Gamble per 6 o forse 7 decenni. E quelli di P&G, loro sì ne capiscono di brand e di riconoscenza e non si sono scordati della cosa.

Grey lavora per un quinto delle Fortune 500, le 500 più grandi aziende al mondo.

Vs.

AKQA is a digital design and communications agency.

Mala tempora.