Capitolo 2 – Da grande sarò Canale 5
Benvenuti in Italia, il Paese con il più alto numero di portali pro-capite al mondo. Sindrome da Canale5, la chiamo. Che bello, qui le frequenze sono libere! Che bello, qui posso iniziare anch’io senza problemi! Già, ma non solo tu. Tutti possono iniziare senza problemi. E lo fanno. Internet è il nuovo El Dorado e tutti ne vogliono un pezzettino, da Fiat (Ciaoweb) a Fininvest (Jumpy), dal Gruppo L’Espresso (Kataweb), fino al Gruppo RCS (Concento) che arriva, buon ultimo, addirittura nella seconda metà del 2001. I risultati sono tragicomici. Perché? Sono forse inutili, i portali? Provo a rispondere alla domanda con un’altra domanda: che bisogno c’è di altri 10 portali tutti uguali in un mercato dove sono già presenti ed affermati Virgilio, IOL [1], Tiscali, Yahoo! ed MSN ?
Ciaoweb
Qual è la prima regola del marketing? Non che sia un esperto, ma non si dice che bisogna creare un prodotto o un servizio che colmi il vuoto lasciato da un bisogno insoddisfatto? Quale vuoto colmava Ciaoweb? Nessuno. Ciaoweb era un vuoto. Di idee, di contenuti, di testa, di cuore.
Non solo: Ciaoweb era il primo portale autarchico della storia. Come osservato dalla geniale rubrica Noia Portale [2] di Clarence, su Ciaoweb non solo non erano presenti link a siti esterni al Gruppo FIAT, ma neppure banner di società non di proprietà del grande gruppo di Torino.
Finalmente un bel giorno finiscono i soldi. Non pochi, 200 miliardi, si dice. Ciao Ciaoweb, la Rete ha vinto e tu hai perso. Segnatevelo bene: Ciaoweb non lava più bianco. In Rete fare il lavaggio del cervello alla gente è difficile. Ma non impossibile. Vedi Jumpy.
Jumpy
Non so cosa sia peggio, se il nome, o il servizio, o la mascotte [3], o il marketing stile televendita di materassi che hanno fatto per lanciarlo. Nato come Europortal nel luglio 1999, diventa Jumpy a novembre dello stesso anno. Le cose sembrano andar così bene che a luglio 2000 organizzano un mega-viaggio-premio di 5 giorni a Dubai. Per 100 persone [4]. E’ la New Economy.
Poi arriva il Grande Fratello, e il momento di gloria di Jumpy. Novembre 2000, siamo al First Tuesday a Milano [5]. La discussione verte sul valore dell’audience di un sito. Roba interessante da morire, come puoi ben immaginare. Seduti fianco a fianco, Nicola Silvestri di Active Advertising [6] e Bruno Pellegrini, direttore Marketing di Jumpy. Freme, quest’ultimo.
Finalmente arriva il suo turno di parlare e può gridarlo al mondo intero: Jumpy ha superato Virgilio! E’ Vero? Non è vero? Non lo so, né mi interessa. Quello che mi interessa dire è solo che Jumpy ha tutto sommato dimostrato che in Rete vi è spazio anche per contenuti di entertainment di basso livello serviti secondo la vecchia logica top-down della televisione. Per il momento, almeno.
Kataweb
Una delle più grandi barzellette della storia di Internet, Kataweb era un portale con ben 500 dipendenti [7]. Più ovviamente numerosi collaboratori e consulenti. Tanto per fare un paragone, Yahoo! Italia e MSN Italia hanno team di 40 persone al massimo. Ma non hanno tutti i canali tematici di Kataweb, direte voi. E neppiure i Beenz (vedi capitolo 4) o KataWap, aggiungo io.
E certamente non hanno KwToros. Kataweb Toros? Ma sei impazzito? Io, no. Erano i tempi d’oro, e Kataweb aprì – e poi chiuse – una struttura di ben 38 persone in Spagna e creò addirittura un canale dedicato alla corrida. Che idea brillante! Pensa: tutti coloro che vendono abbigliamento da torero via Internet possono fare pubblicità targettizzata coi banner sul canale KwToros!
Il 30 marzo 2000 il gruppo Espresso formalizza la decisione di quotare Kataweb in Borsa. Non vengono fatti numeri, ma le cifre che girano parlano di un valore della società di 8,000 miliardi. Ma i mercati sono scettici e la quotazione viene rimandata. Il 27 luglio 2000 Unicredito rileva il 5% di Kataweb per 305 miliardi: è ufficiale, Kataweb vale quindi “solo” 6,100 miliardi.
Poi il mondo si stufa di giocare e Kataweb viene lasciata sola col suo enorme buco di bilancio. Ma non preoccupatevi: “il futuro di Internet sarà la pubblicità: la crisi elimina i più deboli e tra due anni ci saranno meno soggetti sul mercato a contendersi un osso più corposo”. [8] O così almeno l’Amministratore Delegato del Gruppo L’Espresso. Auguri.
Altavista
Cosa ci fa qui Altavista? Altavista è un motore di ricerca, non un portale. Era. Anzi, era IL motore di ricerca. Poi qualche mente brillante ha pensato bene che fosse il caso di iniziare ad offrire la webmail gratuita, il meteo, lo sport, forse anche una bella chat. Ottima idea, è così che si fanno i soldi! [9]
O forse no: Google ha dimostrato di riuscire a fare i soldi con la ricerca, prima (ai tempi d’oro) vendendo il proprio ottimo servizio di ricerca ai portali, e oggi vendendo pubblicità in modo trasparente. Ma Google è Google. Altavista invece vende [10] i risultati della ricerca, già scarsina di suo. Non contenti, ti riempiono la pagina di banner. Stranamente, Altavista perde utilizzatori e Google ne guadagna in continuazione.
Caltanet
Vi ricordate la pubblicità di Caltanet, il sito preferito dai mouse? Una bellissima Natalia Stefanenko urla, terrorizzata, perché ha molto paura dei… mouse [11]. Terrorizzati da Internet? Su Caltanet è facile. Il messaggio è chiaro: Caltanet è il portale per chi è così stupido da essere impaurito da Internet. Un target molto ben segmentato ed interessante, su questo non c’è dubbio…
Tutta l’ironia che vogliamo, ma la verità è che Caltanet è stata un’idea brillante. Il Gruppo Caltagirone, proprietario dei quotidiani Il Messaggero e Il Mattino, stava per quotarsi in Borsa. Correva l’anno 2000, e una parvenza di New Economy faceva molto chic. Il risultato è stato ottimo. Dal punto di vista finanziario, si intende.
Spray
Dalla Svezia con furore. [12] Arrivano in Italia con intenzioni bellicose: il loro portale, bruttino anzi che no, deve diventare uno dei 3 più grandi player del mercato italiano. Una volta spesa una barcata di miliardi per arrivare a questo risultato, i soldi inizieranno ad arrivare in cassa come se piovesse. Non succede né l’una né l’altra cosa, e Spray viene acquisita da Lycos. Davvero un ottimo acquisto.
Ragioniamo? Divento uno dei 3 portali più importanti, poi faccio un sacco di soldi. Semplice, no? Già, così semplice che altri 10 portali avevano pensato la stessa identica cosa, col risultato che nessuno vi è riuscito. Certo, Spray era l’unico portale con i leoni, le zebre e le giraffe. [13] Ma cosa offriva davvero di tanto speciale oltre ai CD per il Free Internet che NON funzionavano? [14]
Lycos
Vi ricordate la pubblicità in TV con il cagnolone nero che va a caccia di ciò che cercate in giro per la Rete? Pensandoci bene, forse è per quello che ci voleva una vita per trovare qualcosa su Lycos! Un progetto della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Lycos nasce come un motore di ricerca, prima che qualche cervellone si rendesse conto che… il futuro sono i portali!
Lycos è l’unico portale che io conosca che cambia mise ogni 6 mesi, cosa che mi ha più volte fatto pensare che vi fosse fra gli investitori anche una qualche maison dell’alta moda. Sia come sia, devo dire che trovo l’ultima versione, la collezione primavera-estate 2002, davvero molto gradevole. [15]
Infinito/Genie
Infinito era il portale di British Telecom, dalla grafica così accattivante che in confonto le Pagine Gialle sembrano il catalogo natalizio della Rinascente. Con una piccola differenza: le Pagine Gialle sono utili. E fanno utili, almeno prima dell’avventura New Economy di Seat-Tin.it firmata Pelliccioli. Ma un bel giorno decidono di cambiare tutto, grafica e nome.
Infinito diventa Genie, da pronunciare alla britannica, Gii-nii. Ovviamente, devono far sapere la cosa a tutti: sono ovunque, sulle radio e sui quotidiani, con una pubblicità che fa il verso a una sostituzione in una partita di calcio: esce Infinito ed entra Genie. Nessun fischio, nessun applauso. La partita dei portali era già finita da un pezzo. Senza vincitori, per di più. Ma non ditelo a Vizzavi.
I-am.it
Riccamente finanziato dal Monte dei Paschi di Siena, I-am.it era una specie di agenda online. Un servizio davvero molto utile, a metà strada fra un portale e l’agenda di Microsoft Outlook, solo che ci puoi accedere solo se sei online. In compenso, avevi la possibilità di customizzare [16] il tutto e scegliere il tuo look fra basic, solare, metropolitano, naturalista e altre cazzate simili. Very cool.
Uno dei servizi più inutili di tutti i tempi, I-am.it fu lanciato con una delle più inquietanti e più stupide campagne pubblicitarie della storia dell’umanità, con affissioni esterne con una serie di facce ebeti su uno sfondo di colore grigio-Milano e un logo minuscolo, illeggibile e senza nessuna indicazione che si trattasse di un servizio Internet. Stranamente, non ha riscosso molto successo.
Vizzavi
26 Gennaio 2000: la fusione AOL – Time Warner scuote il mondo dei media, e più in generale il mondo industriale che vede una società Internet venuta dal nulla fare un boccone solo di uno dei più grandi ed affermati gruppi media mondiali, un gruppo le cui attività spaziano dalla CNN alla rivista Time ai cartoni animati e ai film della Warner Bros fino alla musica di Warner Music.
La parola d’ordine a quei tempi è “convergenza” [17], e Jean-Marie Messier, patron del gigante dei media francese Vivendi [18] non ha dubbi: je savais que rien plus ne serait comme avant dans le monde de la communication. [19] A dire il vero, alcuni ridono di gusto. Chris Locke ed Eric Norlin, ad esempio, lanciano il sito TDCRC.com per prendere in giro la mega-fusione di cui tutti parlano.
L’effetto di AOL – Time Warner su Internet sarà nullo, gridano ai quattro venti, e questo nuovo ed estremo tentativo di colonizzazione del Web da parte del Big Business è solo una perdita di tempo, è un po’ come darsi da fare per mettere in ordine le sedie a sdraio su un Titanic che va inesorabilmente a fondo. [20]
Jean-Marie Messier non ne vuole sapere: siamo agli albori di una nouvelle révolution industrielle et culturelle. [21] Convinto com’è che nulla sarà più come prima, si butta alla ricerca di una grande fusione per creare un polo europeo di distribuzione dei contenuti che possa tenere il passo del nuovo gigante d’oltreoceano.
Fallito l’avvicinamento con il gruppo tedesco Bertelsmann, Vivendi convola a nozze con gli americani di Seagram, numeri uno mondiale nella musica e terzo più grande studio di Hollywood. [22] Poi, fallito il tentativo di acquisire niente meno che Yahoo!, il gruppo Vivendi lancia assieme agli inglesi di Vodafone il proprio portale per la famosa convergenza: Vizzavi, appunto.
Lanciato a giugno, Vizzavi ha potuto contare su un investimento di 1,5 miliardi di Euro (sì, hai letto bene) ma è riuscito a raccogliere solo 6,3 milioni di utenti registrati e un passivo da record. Quanto alla “convergenza”, non si sa bene che fine abbia fatto. Ad agosto 2002 Vivendi cede il proprio 50% a Vodafone per 142 milioni di Euro. [23] Obiettivo di Vodafone sembra essere di farne una piattaforma per l’UMTS e per gli MMS. Contenti loro, contenti tutti.
note al Capitolo 2
[1] IOL, di colore verde, era il portale del gruppo Infostrada, poi acquistata da Wind che ha deciso di utilizzare il nome Libero – il servizio ISP di Infostrada – per il proprio nuovo portale. Così, dopo Infostrada, anche Libero.it è diventato arancione e blu.
[2] Si veda Noia Portale.
[3] Sembra che il mitico ranocchio di Jumpy sia fuggito in Portogallo. Jumpy è ormai senza rana. Ecco invece Sapo.pt.
[4] Jumpy arriverà fino a 150 dipendenti. Poi, la decimazione stile New Economy. Rimangono in 15.
[5] Il First Tuesday è una serata di incontri (e sbevazzamenti gratis) per persone che lavorano nel campo della New Economy che si tiene (teneva?) il primo martedì di ogni mese. Ecco il link all’incontro del 7 novembre 2000.
[6] Active Advertising è la concessionaria di pubblicità del gruppo Matrix. Active Advertising aveva quindi ovviamente in mano la vendita di pubblicità sul portale numero 1 in Italia, Virgilio.
[7] Non 500, in effetti. 495, per la precisione. Si veda Bidone.com, pagina 97.
[8] ibid, pagina 96
[9] Anche Altavista deve diventare un portale, è ovvio! Era il novembre 1999, e il modello dei portali che non portano da nessuna parte sembrava assolutamente inarrestabile. Si veda NetBarbarians.com, Capitolo 6.
[10] Questa perlomeno l’accusa che fu rivolta alla società negli USA nel corso del 2001.
[11] I mouse ovviamente si muovevano come dei topolini. Una pubblicità molto bella e funzionale allo scopo.
[12] Con furore da shopping, verrebbe da dire. Sembra che le puntate in Italia degli uomini Spray consistessero in… acquisti in via Montenapoleone, lauto pranzo a compenso delle loro fatiche fra scarpe, completi e borsette, un paio di dure ore in ufficio e via verso casa! In Business Class, immagino.
[13] Ovviamente, NON sto scherzando. Gli animali erano le mascotte del portale. L’ufficio ne era pieno. Quando Spray fu acquistato da Lycos, quelli di Clarence (che era stato acquistato da Spray) le regalarono ad un asilo. Spray e tutto lo zoo sono ancora online in Svezia. Si veda Spray.se.
[14] Anche qui, NON scherzo. Quando mi è arrivato il mio CD-rom e non funzionava ho pensato di essere o stupido, o sfortunato. Invece no.
[15] Lycos non è neanche tremendo, specie se paragonato agli altri progetti su cui concentriamo la nostra attenzione. E hanno investito una barca di soldi, comprese mega-pubblicità in TV. Eppure, il portale continua a rimanere saldamente DIETRO Clarence o Tuttogratis. Perché? Perché di portali ce ne erano già più che a sufficienza e non c’era alcun bisogno di un Lycos. Punto. Per la cronaca, a luglio 2003 cambiano ancora grafica.
[16] Vi prego, chiedete a un markettaro cosa vuol dire customizzare, non a me. Ad ogni modo, su I-am potevi scegliere il tuo look fra: basic, solare, metropolitano, dolce, forte e naturalista. Questi erano un passo avanti rispetto ad Eurisko, la società di ricerca di mercato che ha catalogato tutti gli italiani in categorie tipo: giovanilisti, edonisti, delfini, pantofolai etc. Pensa che geni: questi ti chiedevano un’auto-catalogazione così non dovevano neanche darsi da fare per trovare una casella e un “segmento demografico” per te! Fantastico! Peccato davvero che nessuno li abbia capiti.
[17] Convergenza fra i media, col Web che viene considerato nient’altro se non un canale comodo e a basso costo per la distribuzione dei contenuti, siano essi notizie, musica o film.
[18] Vivendi è il nuovo nome scelto da Jean-Marie Messier per la nuova azienda che ha in mente, un gigante dei media francese ed europeo che possa tenere il passo dei giganti americani in un business che vede come molto profittevole e fondamentale per il futuro culturale dell’Europa. Prima del suo avvento, l’azienda, nata nel 1853 per decreto imperiale di Napoleone III, si chiamava Compagnie Générale des Eaux ed aveva un business centenario e sicuro nel campo dei serivi municipalizzati.
[19] Si veda J6M.com, pagina 24
[20] TDCRC è l’acronimo di Titanic Desk Chair Rearrangement Corporation. Il Big Business che va a fondo è quello dei contenuti top-down supportati dalla pubblicità e quello della distribuzione di contenuti a pagamento, minacciato dal P2P.
[21] Si veda J6M.com, pagina 12
[22] ibid, pagina 85
[23] Vizzavi.it viene chiuso a fine 2002.